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Disoccupazione al 10.2%: quanti sono i posti di lavoro persi in Italia a causa della pandemia

Dall’analisi svolta dall’ISTAT non sembra esserci, soprattutto, categoria di lavoratori che non sia stata interessata dalla crisi occupazionale da COVID-19

A febbraio 2021 il tasso di disoccupazione in Italia ha superato quota 10% (attestandosi, per la precisione, al 10.2%) e i posti di lavoro persi sono stati almeno 945mila. I dati sono dell’ISTAT che è arrivato a fotografare in questi giorni l’impatto – quantitativo almeno: gli addetti ai lavori concordano nel sostenere, infatti, che come il coronavirus ha cambiato il mercato del lavoro è una valutazione da fare nel lungo o medio periodo – della pandemia sulla situazione occupazionale nel nostro Paese.

Lo scenario, come si evince, non è rassicurante: sono state «ripetute flessioni congiunturali» – queste le parole utilizzate dall’Istituto – fin dai primi mesi di pandemia a determinarlo e il timore è che si sia ancora lontani da un’inversione di tendenza. Nonostante qualche, timidissimo, segnale di ripresa si cominci a intravedere. Il tasso di disoccupazione a febbraio 2021 era in aumento, infatti, di mezzo punto percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, ma per la prima volta in calo – certo di soli 0.1 punti – rispetto al mese precedente: i posti di lavoro persi a febbraio 2021 erano cioè 21mila rispetto a febbraio 2020, ma già 9mila in meno rispetto a gennaio 2021.

Posti di lavoro persi a causa del COVID-19: chi ne ha sofferto

Dall’analisi svolta dall’ISTAT non sembra esserci, soprattutto, categoria di lavoratori che non sia stata interessata dalla crisi occupazionale da COVID-19. Il tasso di occupazione sembrerebbe sceso indiscriminatamente infatti per uomini e donne (nonostante altre statistiche, a inizio anno, avevano sottolineato come oltre il 90% dei posti di lavoro persi in Italia durante la pandemia fossero posti di lavoro in precedenza occupati da donne), lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti (certo, con un preponderanza dei secondi che dovrebbero fare i conti con oltre almeno 590mila posti di lavoro persi nel 2021 contro “solo” 335 mila nel caso degli autonomi), figure senior e figure junior.

C’è stato in altre parole chi, quest’anno, si è ritrovato a cambiare lavoro a 40 anni, ma è innegabile che l’impatto dell’emergenza sanitaria è stato notevole anche e soprattutto per quanto riguarda l’occupazione giovanile. A febbraio 2021 lavoravano poco più del 15% di giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni: all’interno della stessa i posti di lavoro persi erano 159mila rispetto all’anno precedente e il tasso di disoccupazione si attestava a oltre il 30% (il 31.6% per l’esattezza), in crescita in un anno del 2.6% (anche se, ancora una volta, con una lieve flessione invece, di 1.2 punti percentuali, rispetto a gennaio 2021).

Per inquadrare meglio la situazione occupazionale dei più giovani, però, andrebbe considerato anche il numero – alto: complessivamente del 37% in tutta la fascia d’età tra i 17 e i 64 anni e in rialzo di almeno due punti percentuali rispetto a prima delle restrizioni pandemiche – anche di inattivi, di (più o meno) giovani cioè che non sono né occupati né alla ricerca di occupazione.

I dati riferiti all’Italia sembrano in media comunque con quelli europei: secondo Eurostat, nell’Europa a 27 a fine 2020 c’erano stati, infatti, almeno 2.7 milioni di posti di lavoro persi, con un tasso di occupazione nella fascia 20-64 anni diminuito di almeno lo 0.6%.

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